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QUANDO LA TAVOLA DIVENTA UNA TRINCEA: L'ANORESSIA

di Barbara Rossi



" Ho iniziato a dimagrire, poi ho visto che era facile, che ci riuscivo e ho continuato. Sono arrivata a pesare 35 kg., e stavo bene…. Io non me ne rendevo conto, ma ho rischiato di perdere il mio ragazzo, che per me era importante. Lui diceva che ero troppo magra, che stavo male. E' allora che ho deciso di farmi curare. " Peccato che non sia ancora consapevole che stava per perdere la vita! E' una delle tante storie di ragazze che sta cercando di uscire dal tunnel dell'anoressia, una malattia di cui si parla tanto al giorno d'oggi. Una malattia moderna tra l'altro, influenzata dai mass media, che propongono un'immagine di ragazza sempre giovane, magra, bellissima e affascinante. Una malattia della nostra società, inoltre, perché in Africa o in Asia, ad esempio, è troppo magro chi non ha da mangiare, richiamando così l'idea della morte. Un'immagine sconcertante quindi quella dell'anoressica, che rimanda a vari conflitti e contraddizioni difficili da conciliare e talora impossibili, nonché ad un'origine che si perde nella notte dei tempi, nell'origine della giovinezza. Quel che si vede di lei è il conflitto che si gioca sul tavolo della cucina, divenuto trincea, per un chicco di riso. In gioco c'è ben altro, che non si vede. Il risultato della lotta clandestina è un corpo vuoto, piatto, senza forme e senza emozioni, ma che si espande terribilmente nello specchio interno deformante, diventando un corpo troppo vasto per i parametri soggettivi. La magrezza non è mai "sufficientemente adeguata" alle aspettative di chi ha questo problema, non basta mai. "Sono troppo grassa!", "guarda che pancia che ho!", "come mi tira la pancia!" sono i commenti delle ragazze anoressiche di fronte a un corpo visibilmente ormai appiattito. Inutili sono anche i commenti abituali che si fanno: "ma dov'è la pancia, che non si vede?!", affermazioni che vengono vissute come formali, come un gesto di convenienza senza grandi significati. L'unica emozione che esce è la rabbia, ma senza la possibilità di capire ciò che fa davvero arrabbiare, che resta misterioso. Per ragazze che non hanno una chiara immagine di sé, l'immagine proposta dai mass media diventa uno scenario importante, che sembra vincente: la conquista di un corpo splendidamente magro che diventa però una larva. Il cibo viene così sacrificato per uscire da una situazione di impotenza con un senso eroico di vittoria. Ma l'anoressia finisce per rendere passivi, impotenti e colpevoli gli altri. Il conflitto invisibile che si gioca dentro di lei infatti è un conflitto educativo, tra genitori / coi genitori / dei genitori coi nonni / del senso delle regole / tra dovere e piacere, lasciando segreto il luogo dei desideri e della sofferenza. Non ci sono nelle ragazze/i anoressiche sogni, desideri, speranze proprie, se non i sogni e le speranze prese a prestito dagli altri. E' importante sapere che questo problema va curato, che non va lasciato morire. L'anoressica, con questo suo corpo asciutto segnala una grande solitaria sofferenza, che può comunicare solo tramite il corpo, potendo esplicitare solo il suo desiderio di compiacere gli altri. Tutti hanno il diritto al benessere della psiche e del corpo. Ricordiamo a questo proposito che in trincea ci sono già professionisti che insieme ai genitori stanno affrontando il problema. Un percorso già presente, in particolare è il gruppo DCA di Reggio Emilia. Essendo un problema complesso, quello dell'anoressia, può essere risolto solo se affrontato nella sua complessità. E' per questo che i genitori vengono invitati a partecipare ad un gruppo di lavoro, parallelo al gruppo terapeutico delle ragazze/i anoressiche, e/o alla psicoterapia individuale. La terapia non può che essere integrata, tra medico e psicologo, tra farmaci e lavoro psicologico, tra mente e corpo, tra ambiente interno ed esterno. Tutto è finalizzato a una rinascita dell'uno e dell'altro, mente e corpo, in un sé completo. Restiamo comunque disponibili a riparlarne.

 

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